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Sovrappeso e Obesità: preludi alla demenza senile e alla depressione
L’eccesso di peso, che nella sua forma più grave sfocia nell’obesità, è sempre stato associato a malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete mellito di tipo 2, alcune forme di tumori e sindrome metabolica.
Recentemente, tuttavia, si sono aggiunti due effetti che hanno a che fare col nostro cervello: l’Alzheimer e la depressione.
I CHILI DI TROPPO CHE “STROZZANO” IL CERVELLO
Uno studio pubblicato sul Journal of Alzheimer Disease ha dimostrato che il sovrappeso restringe il flusso di sangue cerebrale. Questa riduzione aggrava la possibilità di soffrire di disturbi mentali, e può provocare forme di demenza senile, disturbi bipolari e altre malattie neurologiche.
Per giungere a questa conclusione sono stati analizzati più di 35 mila SPECT eseguiti su un campione di oltre 17 mila persone in condizione di sottopeso, peso normale, sovrappeso, obesità od obesità morbosa.
La Tomografia Computerizzata a Emissione Singola di Fotoni (SPECT) ricostruisce al computer le immagini derivanti dagli impulsi emessi dall’organismo a seguito della distribuzione, in piccole dosi, di un’apposita sostanza radioattiva tracciante.
Grazie a questo esame diagnostico, è stato possibile riscontrare una consequenzialità tra l’aumento del peso corporeo e il calo del flusso ematico in quasi ogni area del cervello.
A essere interessati a questa “strozzatura” sono stati soprattutto:
- I lobi temporali e parietali, responsabili del linguaggio, della capacità di calcolo, dell’orientamento spaziale e dell’elaborazione di informazioni sensoriali.
- L’ippocampo, importante per la memoria.
- Il giro cingolato posteriore, importante per l’orientamento e la memoria.
“Questo studio dimostra che essere in sovrappeso, od obesi, ha un grave impatto sull’attività cerebrale e aumenta il rischio per la malattia di Alzheimer, così come per molte altre condizioni psichiatriche e cognitive”. A dichiaralo Daniel G. Amen, autore principale dello studio. “Una delle lezioni più importanti che abbiamo imparato in 30 anni di studi di imaging funzionale del cervello, è che il cervello può essere migliorato adottando abitudini salutari, come una dieta sana e intelligente dal punto di vista calorico, e un regolare esercizio fisico”.
Secondo George Perry, professore di biologia e chimica presso l’Università del Texas: “Accettare che il morbo di Alzheimer è una malattia dovuta allo stile di vita, poco diversa da altre malattie legate all’età, è la più importante svolta del decennio”.
Per comprendere meglio quanto sia significativo questo studio, è necessario porsi due domande: sovrappeso e obesità sono davvero un problema nel nostro paese? Quante persone, in Italia, soffrono di depressione e Alzheimer?
RAPPORTO OSSERVASALUTE 2019 – STATO DI SALUTE E QUALITÀ DELL’ASSISTENZA NELLE REGIONI ITALIANE
Possiamo cercare delle risposte sul Rapporto Osservasalute 2019, progetto dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane (iniziativa dell’Istituto di Sanità Pubblica – Sezione di Igiene dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), redatto in collaborazione col Ministero della Salute – Direzione generale della programmazione sanitaria e l’Istituto di Statistica – Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia.
Il compito del rapporto è quello di descrivere l’andamento del Servizio Sanitario Nazionale, analizzando i dati a livello regionale e provinciale.
Entriamo nel dettaglio.
Sovrappeso e Obesità
Secondo i dati OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) più della metà della popolazione di 34 paesi è in sovrappeso, e quasi una persona su quattro è obesa. Nei prossimi 30 anni, questa condizione riguarderà circa 92 milioni di cittadini, arrivando nel 2050 a ridurre le speranze di vita di 3 anni.
Ma in Italia?
In Italia sono 25 milioni le persone in sovrappeso od obese, circa il 41% della popolazione. Tra questi 23 milioni sono adulti, mentre 1,7 milioni sono bambini e adolescenti.
L’OMS definisce i parametri di sovrappeso e obesità basandosi sull’Indice di Massa Corporea (IMC), ovvero il rapporto tra peso e quadrato dell’altezza.
- Sovrappeso = 25
- Obeso di 1° grado (lieve) = 30
- Obeso di 2° grado (moderata) = 35
- Obeso di 3° grado (grave) = IMC >= 40
Nel 2018 è più di 1/3 la popolazione di età superiore ai 18 anni in sovrappeso (con un IMC compreso tra 25 e 30) mentre uno su dieci è obeso (ovvero con un IMC maggiore o uguale a 30).
I dati, come da tabella, variano di regione in regione:
In Italia, dal 2010, l’Indagine Multiscopo “Aspetti della vita quotidiana” ha analizzato 45 mila soggetti di età tra i 3 e i 17 anni. Facendo la media del solo biennio 2017/2018, è emerso che il 25,2% degli adolescenti è in sovrappeso.
OKkio alla SALUTE, sistema di sorveglianza che fa parte dell’iniziativa della Regione Europea dell’OMS denominata “Childhood Obesity Surveillance Initiative”, ha raccolto importanti informazioni su stili di vita dei bambini, con attenzione ovviamente al contesto familiare e quello scolastico, calcolando la:
- Prevalenza di bambini (8-9 anni) in sovrappeso: (Bambini in sovrappeso / Popolazione scolastica partecipane te a OKkio Salute) x 100
- Prevalenza di bambini (8-9 anni) obesi: (Bambini risultati obesi / Popolazione scolastica partecipane te a OKkio Salute) x 100
- Prevalenza di bambini (8-9 anni) in stato di grave obesità: (Bambini risultati in grave obesità / Popolazione scolastica partecipane te a OKkio Salute) x 100
Dalla lettura effettuata nel 2016 su un campione di 45 mila soggetti, è affiorato che i bambini in sovrappeso sono il 21,3%, gli obesi il 9,3% e quelli gravemente obesi il 2,1%.
“[…] recenti evidenze scientifiche riconoscono all’obesità in età preadolescenziale ed adolescenziale una forte capacità predittiva della presenza di obesità in età adulta”.
Diventa dunque prioritario affrontare il problema in giovane età.
Depressione
“[…] rappresenta una delle maggiori cause di disabilità nel mondo e contribuisce in maniera importante al carico di malattia globale”.
Nell’ultimo decennio il problema della depressione è aumentato, soprattutto nei soggetti più anziani per i quali le maggiori aspettative di vita hanno di contro significato l’avvicendarsi di malattie come Alzheimer e demenza senile.
Tra i sintomi più comuni:
- perdita di interesse nelle attività quotidiane;
- tendenza a non provare piacere;
- insoddisfazione;
- tristezza;
- diminuzione o aumento dell’appetito;
- disturbi del sonno;
- faticabilità;
- difficoltà di concentrazione;
- pensieri estremamente pessimistici circa se stessi e il futuro.
La depressione riguarda l’8,7% della popolazione over 50 e il 19,2% degli over 75. Le cause più comuni sono da attribuire a:
- peggioramento nelle condizioni di salute;
- isolamento ed esclusione sociale;
- difficoltà a eseguire da soli attività come mangiare, sdraiarsi, alzarsi dal letto o da una sedia, vestirsi, spogliarsi, usare i servizi igienici, lavarsi.
In generale la difficoltà a eseguire attività fisica in età avanzata, riduce la capacità di svolgere azioni che riguardano la persona (ADL) o lo svolgimento di attività domestiche (IADL).
Sono soltanto il 2,1% gli over 50 che soffrono di depressione pur non avendo restrizioni, contro il 36,5% dei soggetti che, a causa di limitazioni, sviluppa una qualche forma di malattia mentale. Percentuale che aumenta al 39,7% superati i sessantacinque anni.
Soltanto la presenza di un supporto nello svolgimento di attività quotidiane e domestiche riduce l’impatto dei sintomi, come si può vedere dalla tabella sottostante:
Nello specifico, per quanto concerne l’Alzheimer, l’Italia ha un livello di mortalità più basso rispetto al resto dell’Europa. Sono 1.241.000 le persone soggette da demenza, oltre 600.000 quelle colpite da Alzheimer.
Si stima, tuttavia, che entro la fine di quest’anno ci saranno più di 580 mila nuovi casi e che entro il 2050 si raggiungeranno i 152 milioni di persone nel mondo.
L’Alzheimer coglie il 5% degli over 60, ed è la forma più comune di demenza senile e incide soprattutto sulla capacità di effettuare le normali attività giornaliere. Inficia soprattutto sulla memoria e le funzioni cognitive, ed è motivo di cambi di umore e disorientamento.
L’Istituto superiore di sanità ricorda che: “Oggi purtroppo non esistono farmaci in grado di fermare e far regredire la malattia, e tutti i trattamenti disponibili puntano a contenerne i sintomi.” “La messa a punto di nuovi farmaci per la demenza di Alzheimer è un campo in grande sviluppo, nei laboratori di ricerca si sta lavorando a principi attivi che aiutino a prevenire, a rallentare la malattia e a ridurne i sintomi.”
Se, tuttavia, come dimostrato dallo studio pubblicato sul Journal of Alzheimer Disease il peso corporeo è una delle cause della demenza, una conoscenza più approfondita della propria composizione corporea, e una sana alimentazione, possono essere il primo vero passo da compiere per affrontare questa tipologia di malattie.
Insomma, come spesso accade un cambio di atteggiamento è il primo atto consapevole per una vita più salutare. Basti pensare che, come riportato nel “Rapporto Mondiale Alzheimer 2019” due persone su tre sono convinte che la demenza sia una conseguenza naturale dell’invecchiamento. Una persona su quattro pensa che non si possa fare nulla per prevenirla. Una su cinque la attribuisce alla sfortuna.
CONCLUDENDO
Se è vero che il sovrappeso è causa diretta dei problemi cerebrali, la conoscenza della propria composizione corporea, l’adottare una corretta alimentazione, e fare attività fisica con regolarità, possono aiutare a combattere non solo le malattie tipiche dell’eccesso di peso (come diabete, colesterolo ecc..) ma risolve anche problemi come depressione e Alzheimer. È importante, inoltre, tenere monitorato il proprio indice di massa corporea, effettuando regolari misurazioni del tempo, registrando i progressi e confrontandosi con nutrizionisti e specialisti del settore.
Articolo di Davide Corbetta